L’architettura delle informazioni (IA) assicura una comunicazione business efficace perché lavora su differenti piani:
L’architettura delle informazioni crea sistemi integrati di comunicazione nei quali il messaggio viaggia tra realtà fisica e digitale e tra differenti devices in una soluzione di continuità.
Giornali, televisione, cartellonistica, brochure, social network, siti, app, mobile, near field, titoli, tag, tassonomie sono i campi attraverso i quali viaggia il messaggio che assicura alle imprese una progettazione:
L’architettura delle informazioni cambia il modo di comunicare, lo trasforma in sistemi aperti e modulabili, in servizi intelligenti e conversazioni necessarie a cambiamenti in atto nelle nostre società.
L’architettura delle informazioni aiuta la pubblica amministrazione a creare servizi a misura dei cittadini.
Grazie alla progettazione orientata all’esperienza utente l’architettura dell’informazione studia come pensano e agiscono le persone alle quali quel servizio è destinato. Indaga gli strumenti migliori per comunicare e crea processi di interazione intuitivi.
La pubblica amministrazione deve assicurare servizi raggiungibili da tutti i cittadini, che seguano logiche semplici, linguaggi naturali e modalità differenti di erogazione (fisico, digitali, mobile, etc.). L’architettura dell’informazione lavorando accanto e insieme ai cittadini progetta servizi comunicativi intelligenti e integrabili nel tempo.
L’architettura delle informazioni è una disciplina fondamentale per le università che vogliano evolvere nella comunicazione e nella didattica.
L’IA aiuta a comunicare efficacemente attività, obiettivi, corsi e piani didattici attraverso il coinvolgimento di docenti, personale e studenti. La produzione di contenuto delle università va gestita e progettata in maniera da assicurare la massima trovabilità delle informazioni.
Accanto all’attività comunicativa che integra fisico/digitale (dalle indicazioni logistico-stradali all’interno degli atenei all’offerta didattica digitale) c’è la progettazione di servizi e l’e-learning.
Tutti questi obiettivi che determinano modalità nuove di formazione e di semplificazione all’accesso ruotano intorno al concetto di organizzazione delle informazioni e di una progettazione a misura di utente finale.
Siti, mobile app, social network, geolocalizzazione, mooc, tag, webinar, account/profilo personale, pubblicazioni epub, sono solo alcuni dei servizi che possono essere organizzate intorno all’ecosistema informativo di ogni singolo ateneo.
I vantaggi sono quelli legati ad una migliore produttività emigliori performance non solo dal punto di vista didattico, ma più in generale della customer satisfaction che significa, a cascata, un aumento delle iscrizioni e una gestione in attivo della struttura accademica.
Comunicare in un ambiente analogico significa “mettere le cose in fila“: ciò che è più importante viene prima, ciò che è meno importante viene dopo.
Per un tacito accordo con il lettore, in questa logica anche ciò che manca significa, perché ciò che manca “non è importante“.
Ma cosa accade in un ecosistema reticolare, in cui non ci sono percorsi di lettura pre-definiti e in cui ognuno è libero di ricombinare e copiare le informazioni? Come può un giornalista esprimere scelte e gerarchie in un contesto in cui lo spazio e il tempo sono infiniti al punto tale da accogliere potenzialmente tutte le informazioni, anche quelle non importanti? Come può continuare ad essere autorevole se in questo contesto ognuno può pubblicare ciò che vuole nell’arco di qualche secondo?
L’Architettura dell’Informazione, da più di dieci anni, è abituata a rispondere a queste domande lavorando fianco a fianco con editori e redazioni. Nel progettare siti web, sistemi editoriali, intranet e archivi, oppure applicazioni e informazioni destinate alla mobilità.
Negli ultimi anni sempre più spesso è stata chiamata ad affrontare la sfida della progettazione cross-canale, cioè a pensare e progettare in termini di “ecosistema” la strategia comunicativa di un’azienda. Una sfida che apre la porta a molte forme nuove di giornalismo ridefinendone le figure e il flusso di lavoro. Una sfida che si può vincere soltanto in un modo: ponendo al centro della progettazione dell’informazione la persona che dovrà fruirne.
Le persone, intese come cittadini e fruitori di servizi, sono il fine ultimo di una buona architettura dell’informazione. Senza fruitori utenti soddisfatti non c’è organizzazione del contenuto che tenga.
Per questo entra in gioco la user experience (UX), la progettazione che analizza e tiene conto di come si relazionano le persone con quel determinato prodotto. La UX studia come ognuno di noi pensa, agisce e interagisce con un sito web, un’applicazione, un servizio o un oggetto. Tiene conto che le persone sono degli organismi complessi portatori di bagagli di esperienze, ricordi, sentimenti che vanno valutate in fase di progettazione.
Se ci colleghiamo via smartphone al sito dell’ospedale alle 2 di notte è più probabile che si stia cercando un indirizzo o un numero di telefono delle emergenze rispetto al Chi siamo o al Bilancio Annuale.
La user experience tiene conto anche di questo: degli scenari e dei modi d’uso di tutta quella informazione resa disponibile e trovabile dall’architettura dell’informazione.
Chiunque di noi è più incline a ricordare i cattivi servizi che spesso rimangono stampati nella memoria anche quando vengono migliorati. Una buona progettazione, secondo le logiche dell’architettura dell’informazione e i principi della UX permette di partire con il piede giusto, perché presenta i seguenti vantaggi: