Architettura della memoria

Mario Tedeschini Lalli e Federico Badaloni

Un incontro, una riflessione e un esercizio con Mario Tedeschini Lalli e Federico Badaloni per addentrarci nei meandri della memoria.

Nel webinar di lunedì 14 giugno abbiamo incontrato Mario Tedeschini Lalli e Federico Badaloni per parlare di architettura della memoria, per riflettere su quanto la memoria sia importante per non fare e ripetere errori, per creare nuovi schemi di comportamento, per costruire e tramandare senso e significato.

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Rivedi il video del webinar

https://youtu.be/udAxqVgRUzs

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Federico Badaloni introduce l’argomento partendo da una chiacchierata con Mario Tedeschini Lalli, fatta proprio in preparazione di questo webinar.

La dittatura del presente e le tre illusioni

Che cos’è un’illusione? È dare un accento troppo importante a qualcosa che nella realtà un accento non ce l’ha. È un’aberrazione, dice Federico Badaloni, un qualcosa di un po’ troppo ingombrante, di cui non ci accorgiamo, che genera tre grandi illusioni rispetto a un dato.

  • L’illusione dell’attualità
  • L’illusione della perennità
  • L’illusione dell’atemporalità

Illusione dell’attualità

È quella che noi pensiamo esista nelle persone che cercano contenuti in rete: siccome li trovano immediatamente e in maniera non mediata, sono portate a pensare che quelle informazioni siano presenti e attuali (in un tempo presente): qualcosa del presente che esiste nel presente. Viviamo nell’illusione di avere davanti qualcosa di attuale semplicemente perché è disponibile, è immediato

Con un oggetto fisico, come un vecchio libro in biblioteca, per esempio, ci si rende subito conto che è solo nel presente, ma che appartiene al passato.

Di fatto, ci si ritrova dentro un bias: si è inconsapevolmente portati a immaginare di maneggiare qualcosa che sembra attuale, anche se non lo è, perché disponibile e presente.

Proprio perché siamo immersi in questo bias, accade una cosa, una scoperta, dice Mario Tedeschini Lalli. Quando si scrive per un giornale, il tempo di scrittura e quello di lettura sono diversi ed è per questo che esiste la convenzione per cui chi scrive usa il tempo verbale della lettura: quello del giorno dopo, nel caso di un quotidiano. È ovvio il quando la cosa è notizia, ma potrebbe non esserlo in un giornale online consultato in un tempo diverso, se non compare la data come in quello cartaceo. Perché aggiungere la data? «Perché quello che stiamo scrivendo lo stiamo scrivendo anche per il futuro».

E tutto questo si collega a un’altra grande illusione, quella della perennità.

Illusione della perennità

Quando viene creato un archivio, un database per esempio, e ne progettiamo la sua struttura logica, crediamo di essere a posto: c’è questa credenza per cui un archivio sia per sempre. E invece no, sottolinea Tedeschini Lalli, raccontando un aneddoto dell’archivio storico de La Stampa. Di molti contenuti del passato non c’è più traccia, il più delle volte, a causa di una tecnologia obsoleta. «Se progetti e costruisci un database, devi pensare al futuro». Dobbiamo porci il problema e creare dei luoghi del passato in termini digitali, luoghi che rimangano e possano essere trovati, nel futuro.

«Il passato deve essere un progetto permanente»

Badaloni aggiunge che spesso si investe forza ed energia per costruire ambienti, ma raramente si progettano delle funzioni di manutenzione evolutiva per la conservazione del dato. Progettiamo il database in senso logico, definiamo entità e attributi, ma raramente ci poniamo il problema della struttura. «È come se ci dimenticassimo troppo spesso che all’interno di un progetto dobbiamo allestire un altro progetto: un sistema di manutenzione evolutiva della memoria».

Illusione della atemporalità

Ciò che oggi reputiamo importante potrebbe non esserlo domani. Se tra un certo numero di anni, qualcuno ascoltasse la registrazione di questo webinar e volesse approfondire un avvenimento citato, attuale adesso, è probabile che farebbe una fatica enorme a reperire le informazioni e, allo stesso modo, è possibile che la ricerca non dia risultati, per esempio perché il nome di quell’avvenimento sarà registrato in modo diverso. 

«Chiunque produca contenuto nella rete non ha la consapevolezza di costruire un archivio. Vale a dire che tutto quello che si crea è un archivio che permane» ci ricorda Federico Badaloni.

L’organizzazione dell’informazione guardando al futuro

Mario Tedeschini Lalli riprende una delle riflessioni iniziali per sottolineare come si è evoluta la creazione, conservazione e organizzazione dei contenuti, in ambito giornalistico, nel passaggio dalla carta al digitale, cosa  che vale anche per l’architettura dell’informazione.

Nelle redazioni di carta, le funzioni sono sempre state nette e distinte: il giornalista scriveva oggi per domani, senza aggiungere un quando, dato per scontato. Esisteva poi un curatore che sceglieva quali contenuti conservare e come organizzarli per renderli accessibili. E poi c’era chi quei contenuti li utilizzava organizzandoli in nuove strutture di senso, diverse da quella iniziale.

Nel mondo digitale, tutto questo è cambiato.

Le tre funzioni descritte prima (produttore, organizzatore, utilizzatore) non possono (più) essere separate, perché connaturate l’una con l’altra e presenti in  un database.

Progettare la memoria

«Nel momento in cui abbiamo prodotto dei contenuti, dobbiamo porci il problema di cosa sarà saliente domani. Dobbiamo creare una parte di progetto della memoria anche all’interno dei nostri singoli progetti» e chiederci cosa, tra quello che abbiamo fatto prima, avrà senso anche domani.

Quello che si fa non è solo per domani. In qualche misura è per un per sempre.

Link di approfondimento

Un post su Facebook di Mario Tedeschini Lalli

L’educatore al tempo dei social, Federico Badaloni

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