Progettare storie con i dati

I ghiaccioli fatti con l’acqua dei fiumi di Taiwan. Credits: BoredPanda.com

Quando usiamo la tecnologia per raccontare storie abbiamo spesso a che fare con i dati. Che approccio seguire per rappresentarli nella forma migliore?

Ne abbiamo parlato con Donata Columbro durante l’ultimo webinar del 2021. Cofounder di Dataninja e preside della Dataninja school, la prima scuola dei dati in Italia, Columbro è giornalista e femminista dei dati, TED speaker, e autrice di Ti spiego il dato, un manuale pratico per avvicinarsi alla cultura dei dati e sperimentarli sia nel lavoro, sia nella vita quotidiana.

Ne parla su instagram approfonditamente dall’inizio della pandemia con l’hashtag #tispiegoildato e l’idea “i dati ci riguardano!”.

“Mi piace molto parlare di dati a chi si trova sulla piattaforma per svago e intrattenimento. Negli ultimi due anni è diventato chiaro che dai dati che produciamo, e che i decisori osservano, dipende letteralmente tanto di quello che potremmo fare domani mattina: se andare a prendere il caffè al bar, se indossare la mascherina oppure no, e molto altro. Anche quando non ce ne rendiamo conto, tutto quello che riguarda la nostra vita quotidiana si basa su decisioni prese con i dati”. 

I dati infatti non esistono in natura, ma vengono creati, assumono una forma nel momento in cui si decide di osservarli e ricavarne delle informazioni. Ecco perché, se non li troviamo, possiamo chiederli o raccoglierli. Tenendo presente soprattutto che non sono freddi né neutri, perché dietro a un dato ci sono sempre le persone. 

“I dati sono cose che succedono, che esistono o si percepiscono – sensazioni, emozioni – e che qualcuno decide di contare e classificare, prima di restituirle nella forma che meglio risponde alla domanda che su quei dati ci si è posti.”
La registrazione completa del webinar è a disposizione di soci e socie Architecta nell’area riservata del sito.

Ad ogni storia la sua rappresentazione

Quando i dati vengono osservati escono dalla bidimensionalità e assumono una formache permette di raccontare una storia, ad esempio una storia su

“Posso mostrare la storia con una rappresentazione visiva che rende fruibile e visibile quello che ho scoperto analizzando i dati: ecco che allora parliamo di data visualization. Insieme a questa, ci sono altri due strumenti che permettono di rappresentare la realtà: la data physicalization e la data sonification”.

I ghiaccioli fatti con l’acqua dei fiumi di Taiwan. Credits: BoredPanda.com
I ghiaccioli fatti con l’acqua dei fiumi di Taiwan. Credits: BoredPanda.com

Trattandosi di rappresentazioni della realtà, queste sono inevitabilmente il frutto di scelte umane condizionate da elementi come il passato, i pregiudizi, il contesto, le persone che lavorano nel team, gli strumenti utilizzati. Dalla raccolta dei dati fino alla forma creativa che esprime i risultati dell’analisi, in tutte le fasi della progettazione il nostro essere persone con bias ed emotività ha un peso.

Dalla raccolta dei dati (RD) alla creatività che sostituisce l’idea (I), il contesto conta. (B. Munari, Da cosa nasce cosa, p. 49. Credits: Google Books)
Dalla raccolta dei dati (RD) alla creatività che sostituisce l’idea (I), il contesto conta. (B. Munari, Da cosa nasce cosa, p. 49. Credits: Google Books)

Detto con le parole di Mona Chalabi, data designer al Guardian: findal momento del primo approccio al data set, il nostro lavoro si basa su quello che abbiamo deciso di misurare, che è costruito sui nostri privilegi, la base da cui osserviamo la realtà.

Every single data visualization person approaches data sets with their own hypotheses and they’re still built on their privileges.

Il percorso dalla ricerca alla forma

Presentando il suo approccio, Columbro afferma che non esiste un modo giusto o un modo migliore di un altro per rappresentare i dati. Esiste però quello più adatto alla storia che si vuole raccontare. Prima di sceglierlo, occorre osservare i dati a disposizione e rispondere ad alcune domande

  • Che tipo di dati ho? Sono strutturati? Posso strutturarli? A quali dati aggiuntivi potrei accedere?
  • Quale angolo narrativo voglio scegliere? Cosa è emerso dall’analisi e cosa interessa conoscere al pubblico? Quale visione del mondo porta avanti? 
  • Cosa c’è nella mia cassetta degli attrezzi? Che strumenti so usare e quali funzionalità mi sono utili? Quali posso imparare a utilizzare in poco tempo? C’è qualcuno che può aiutarmi a colmare eventuali difficoltà tecniche?
  • La presenza di una visualizzazione chiarisce, semplifica o confonde?

Ad esempio, un disegno fatto a mano è utile per conferire alla rappresentazione un’aura di incertezza, se vogliamo comunicare in modo esplicito che stiamo rappresentando dati non certi. Oppure possiamo optare per rappresentazioni più creative e meno rigorose per raccontare storie legate alla quotidianità personale (sono un esempio i lavori di Michelle Rial che usa oggetti reali su rappresentazioni in piani cartesiani). 

“Sono tutte rappresentazioni verso le quali siamo più inclini a relazionarci perché appaiono meno fredde di quelle prodotte da un software. La cosa bella è che posso sperimentare e anche sbagliare infinite volte, perché gli strumenti a disposizione per rappresentare i dati me lo permettono”. Per citarne alcuni: 

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